Il linguaggio meteorologico è diventato spesso allarmistico, addirittura catastrofico. Viaggio nel mondo delle previsioni, dove gli esperti spiegano che tutto è possibile. Anche fare errori, con gli effetti che ne conseguono.
(Fonte Altroconsumo)

P erhaps (forse) è una parola sempre presente nelle previsioni meteorologiche della rete britannica Bbc. Non è certo un caso, è un modo delicatamente british per sottolineare il fatto che anche la meteorologia non è una scienza esatta, consente solo di fare previsioni più o meno attendibili. Sull’imprevidibilità degli eventi atmosferici si fanno chiacchiere da bar, nascono modi di dire (come il proverbiale “non ci sono più le mezze stagioni”) e addirittura nuovi linguaggi, un esempio è quello particolarmente allarmistico da cui è nato il neologismo “meteoterrorismo”, ovvero le previsioni catastrofiche spesso smentite. A promuovere una comunicazione vivace sul meteo è stato soprattutto il linguaggio weathering americano, che ha iniziato a chiamare per nome, e quindi a personalizzare, eventi climatici particolarmente estremi. Chi non ricorda l’uragano Katrina? E la furia del Niño? In Europa non ci si limita a comuni nomi propri, ma si scomodano gli dei dell’Olimpo a indicare l’arrivo dell’apocalisse. Nelle scorse estati nomi mitologici e personaggi storici come Circe, Caronte, Minosse sono entrati appieno nel linguaggio comune per il loro essere evocativi di fenomeni estremi. Altrettanto intenso è il linguaggio meteorologico di tipo giornalistico, infarcito di termini come “bombe d’acqua” per indicare forti temporali, o ancora “the Big Snow” per segnalare una nevicata magari modesta. Si tratta di un nuovo lessico, che mette da parte i tecnicismi della materia e si rivolge a tutti in modo suggestivo. Il rischio, però, è una comunicazione confusa. L’abuso di metafore esasperate può distorcere il messaggio e creare un pericoloso effetto “al lupo, al lupo”, come ci spiega Mario Tozzi (vedi l’intervista a pag.22). L’altro problema è: se il clima è davvero “impazzito”, le previsioni oggi possono risultare inaffidabili? Come spiega il meteorologo Luca Mercalli (vedi l’intervista in questa pagina), il problema è che dietro a tanti siti web dedicati si nasconde spesso improvvisazione e un’informazione frammentata. Che però si diffonde a macchia d’olio, perché se un tempo la passione per le previsioni del tempo era prerogativa del mezzo televisivo (l’imperdibile apppuntamento con il colonnello Bernacca) oggi, complice la confidenza con il web e la disponibilità di mezzi tecnologici, i cittadini accedono facilmente alle informazioni meteo. Negli ultimi anni i canali dedicati sono cresciuti a grande velocità sia online sia via etere, segno che il pubblico gradisce l’argomento. E allora è bene dire le cose come stanno, fare un’informazione solida e utilizzabile: quanto è necessario dare retta a un’allerta meteo prima di mettersi in viaggio? Devo cambiare programmi? È necessario rimanere chiusi in casa durante un forte temporale? In un Paese a rischio idrogeologico come il nostro fare buona informazione meteo è importante, anche per sensibilizzare la popolazione verso comportamenti corretti in caso di emergenza. L’Italia è un territorio estremamente vulnerabile, soprattutto impreparato ad affrontare le emergenze, come dimostrano gli effetti delle alluvioni che colpiscono il Paese. Il governo ha affidato alla struttura #Italiasicura il compito di fare regia sulle misure straordinarie da prendere per arginare il problema del dissesto idrogeologico, dovuto molto spesso a opere di urbanizzazione e di cementificazione dissennate. I rischi sono noti: il Bisagno, conosciuto per i fatti di Genova; il Seveso nel milanese, l’Arno, le Cinque Terre, ma anche Piemonte, Veneto, Calabria, Sardegna, Sicilia. Nomi di fiumi e luoghi che hanno creato una geografia delle catastrofi, nomi che ricorrono nelle cronache che parlano di “eventi eccezionali”, mentre si tratta spesso di disastri annunciati. I corsi d’acqua non erano minacciosi prima che si costruisse ignorando le norme urbanistiche e il semplice buon senso. Bisogna smetterla di dare la colpa alle “bombe d’acqua”, che poi sono piogge forti che non trovano sfogo in un territorio soffocato dall’edilizia. Anzi, secondo dati Ispra-Cnr le precipitazioni negli ultimi decenni sono in lieve calo, ma gli effetti sono diventati devastanti per lo sfruttamento in - controllato del suolo. Ascoltare la Protezione civile Paola Pagliara, dirigente dell’ufficio Rischio idrogeologico della Protezione civile, ci ha spiegato l’importanza dell’allerta meteo: «Stato e regioni hanno il compito di garan - tire un sistema di allerta nell’eventualità che possa esserci un fenomeno a rischio. Si parte dalle previsioni meteo, con tutte le incerezze che questo comporta. Per fortuna non tutti gli eventi meteo hanno effetti dannosi, tutto dipende da come è fatto il territorio». L’allerta meteo non è mai da sottovalutare, la precauzione è d’obbligo Se la previsione è temibile, dunque, scatta la macchina della Protezione civile: «Esisto - no circa 130 zone di allerta - continua Paola Pagliara - che riportano diversi codici colore (giallo rosso o arancione) a seconda dello scenario atteso: piene, frane, interruzione della viabilità... Le Regioni comunicano ai sindaci queste informazioni per far attivare i piani di emergenza. Poi non sempre la re - altà si conforma alle previsioni». Ma ciò non significa che si possa sottovalutare l’allerta: «Per quanto sia fastidioso cambiare i propri programmi, il rischio di non farlo può essere molto grave. Tutti, anche i sindaci, devono capire che la precauzione è indispensabile, anche se poi si tratta di falsi allarmi». Sul sito protezionecivile.it è spiegato cosa fare quando c’è un evento a rischio. Per esempio, durante un temporale non bisogna cammi - nare sui ponti, avventurarsi nei sottopassi, scendere negli scantinati o nei garage: alcu - ni dei motivi per cui la tempesta di pioggia, avvenuta in Costa Azzurra lo scorso ottobre, ha fatto decine di morti. In caso di piena di un fiume è vietato fermarsi a guardare, a fare foto o video lungo gli argini, così come è assolutamente sconsigliato uscire di casa per andare a spostare l’auto minacciata dalla corrente.Sono tanti, 20-30 all’anno, gli eventi che determinano lo stato di emergenza nazio - nale, circa la metà con effetti molto importan - ti e 4-5 di questi rimangono nella memoria collettiva come grandi tragedie. Tutta colpa della natura? Anche dell’urbanizzazione e dell’accentramento della popolazione, che aumentano la vulnerabilità del territorio. E il futuro a breve non cambierà: «Putroppo i cantieri e gli interventi a cui deve far fronte #Italiasicura hanno tempi lunghi - conclude Pagliara - ci vorrà minimo un altro anno pri - ma di percepire maggiore sicurezza».

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